Mi chiamo Patrick e ho 27 anni. Da qualche anno ormai Dio mi ha messo a cuore la missione. Dalla fine del 2023 ho avuto l'opportunità di partecipare ad alcune missioni a breve termine in Turchia e in Africa. In questi viaggi abbiamo potuto sostenere le persone che incontravamo sia sul piano materiale che spirituale, portando aiuti, pregando per loro e annunciando il Vangelo. Tutto bello e formativo, però mi mancava qualcosa: io sono un fisioterapista, e fin dall'università avevo il desiderio di unire il mio lavoro alla missione.
Ecco allora che conosco Benji, missionario a tempo pieno per OM, che mi parla dell'Albania, dove potrebbe esserci quello che cerco. Iniziamo a prendere contatti e dopo qualche mese mi ritrovo su un volo in direzione Tirana. Da solo. Molto fuori dalla mia zona comfort.
La destinazione è Fushë Arrëz, un piccolo paese di montagna nel nord dell'Albania.
Qui per OM ci sono Marian e Abby, marito e moglie, responsabili della chiesa locale, ed Ernica, insegnante di inglese arrivata dalle Bahamas.
Nel locale della chiesa c'è una palestra attrezzata per la fisioterapia, un progetto iniziato tempo fa ma ormai inutilizzata da cinque anni. La gente qui è povera e non ci sono fisioterapisti nella zona, perciò il servizio che attiviamo è subito ben accolto.
Al trattamento riabilitativo si aggiunge la preghiera per le persone, e spesso si aprono occasioni di dialogo in cui si può presentare Gesù. Quel Gesù vero e rilevante per la vita delle persone. E diventa rilevante davvero quando si può applicare la Parola di Dio ai problemi, dolori e le malattie che le persone affrontano ogni giorno.
Dio lavora anche fuori della chiesa
A Fushë Arrëz la fisioterapia spalanca le porte del Vangelo nella vita delle persone. La chiesa locale è quasi sempre vuota, a causa della pressione di alcuni leader di altre confessioni religiose che vietano alle persone di andare altrove. La gente quindi domenica non viene in chiesa. In un contesto come questo è fondamentale allora costruire una rete di relazioni e portare Cristo ogni giorno nella vita delle persone attraverso azioni pratiche. In effetti è ciò che dovremmo fare sempre ma spesso ci accontentiamo della domenica mattina. Qui invece non è possibile, gli ostacoli obbligano a fare qualcosa in più.
E in questo contesto la fisioterapia si rivela un canale straordinario della grazia di Dio. In una settimana di lavoro a Fushë Arrëz ho potuto conoscere una quindicina di persone con le quali ho potuto pregare e condividere la Parola di Dio, spesso partendo proprio dal loro malessere fisico per arrivare al bisogno spirituale. Diversi di loro, tornando nei giorni successivi, dichiaravano di sentirsi meglio fisicamente e anche più leggeri interiormente.
Ho avuto così una conferma del fatto che Dio non ha bisogno di un culto domenicale per toccare i cuori delle persone. Lui può manifestarsi in ogni contesto, a ciascuno in modo diverso e personale.
Mettere a dispozione di Dio quello che hai
Quello che ho imparato io è di lasciar fare a Dio il suo lavoro, mentre io mi occupo semplicemente di fare il mio mettendo a disposizione quello che da Lui ho ricevuto.
Quando Dio chiamò Mosè gli chiese "cos'hai in mano?". Mosè aveva in mano il suo attrezzo da lavoro: un bastone da pastore. Dio si serve di me con quello che ho nel presente, non serve preoccuparsi di "non essere, non avere o non sapere abbastanza". Questo valeva tanto per Mosè quanto per noi oggi. Dio stesso equipaggia i suoi figli, ambasciatori, collaboratori con il necessario durante il cammino.
Ciò che serve è un passo di fede e ammettere che "la mia vita è tua: fanne ciò che vuoi, perché so che sarà buono".
Sono grato per questa esperienza e spero di tornare in Albania per portare avanti questo progetto. Questo era un viaggio di avanscoperta e ho avuto la conferma che è un buon terreno e ci sarebbe tanto lavoro da fare.
Non mi metto fretta, aspetto i tempi del Padre e cerco di capire quello che vorrà fare. Del resto l'opera non è mia, ma del Re dei re!
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Foto di: aldineiderios from Pixabay